“Più forte del singolo autore è la capacità di creare una narrazione in cui i segmenti rinviino uno all’altro”: così Michele Santoro racconta M. “Sono trascorsi cinque anni -prosegue- da quando su La7 ospitai Silvio Berlusconi: è significativo che i feroci critici dell’epoca, come Scalfari, siano arrivati a concludere che Berlusconi, a 81 anni, possa essere uno dei mali minori. In quella polemica di allora lessi tutto lo spirito di rivalsa che la politica aveva verso la tv”.
Due secondo il giornalista i modelli di talk politico: da un lato il rassicurante Porta a porta, dall’altro le sue trasmissioni: “Oggi i programmi vanno verso il modello Porta a porta: si basano sui nomi degli ospiti già conosciuti”.
Il 50% di pubblico che rifiuta l’approfondimento politico, ne rifiuta anche i tentativi di rinnovamento: “Il dilemma da cui nasce M è questo: non rinnovare significa tradire il pubblico”.
La riflessione si allarga: l’abolizione della seconda serata da parte dei “sapientoni” è stata un duro colpo per la tv italiana. Si torna a M: per costruire una serie, occorre una continuità nel tempo. Infatti ”Samarcanda è esplosa in quattro mesi, AnnoZero ha avuto difficoltà agli inizi”: “Io ci voglio riprovare con lo spirito con cui ero partito all’epoca: voglio fare quello che il flusso dei telegiornali non suggerisce. Magari mi sbaglio, però questa è la strada”.
Perciò “proviamo con il monografico.Per quanto si possano criticare le nostre trasmissioni, non erano un vestito su misura per il politico: chi arrivava, entrava nel nostro programma. Allora ci siamo detti: facciamo una puntata senza politici”. Nella prima puntata vedremo la “battaglia di trasparenza” di un finanziere (Bigona), l’editoriale sarà di Roberto Saviano e farà parte della squadra anche Andrea Rivera. L’ironia “urticante” sarà affidata ai The Pills, poi elementi del vecchio mondo di Santoro come Vauro.
Ancora: “Il populismo non è un movimento: è una malattia che si annida anche in chi dice di volerlo combattere. Un politico ha il compito di tracciare una strada, non quelli che vanno per alzata di mano e propongono quello che vuole la maggioranza: il fatto che si metta in discussione il canone, mette l’azienda in condizione di non poter mai avere la certezza di ristrutturarsi”. Il giornalista tocca l’argomento canone:“Noi non abbiamo un nostro motore di ricerca europeo, siamo completamente subalterni ai monopoli americani: l’idea di dire che rinunciamo a un nostro servizio pubblico, significa rinunciare a una battaglia di livello europeo. In un mondo schiacciato dai monopoli, non ha senso privatizzare: la politica può pure stabilire i mezzi, ma poi lasci l’azienda in condizioni di lavorare senza rompere le scatole”.

A chi gli chiede perché trascorra tanto tempo tra una serie e l’altra, il giornalista risponde che “per fare questi programmi sono in un incastro contrattuale che è stato un incastro di bravura per chi l’ha fatto: per chi lavora, è una condizione complessa”. E poi: “Fare 30 puntate non mi interessa nemmeno più. Comunque non me l’hanno nemmeno mai chiesto eh”. Insomma: Santoro produce un prodotto, spetterà alla Rai decidere se è interessata o meno a farlo rientrare nella sua offerta.
“Dobbiamo decidere se vogliamo giornalisti credibili, che stiano in campo, oppure no: è un problema dell’editore però. Santoro ha una visione del mondo: il pubblico magari si arrabbia, però lo sa. Adesso c’è un equilibrio sistemico tra la Rai il mondo politico: non emerge nessuno”.
Stefano Coletta, direttore di Rai 3, spiega che a Santoro è stato chiesto di non adottare ilo modello Rai 2: “Per il budget di Rai 3, questo è il massimo che abbiamo potuto progettare”. Una questione di ottimizzazione, sintetizza Santoro.
Capitolo Travaglio: “Con Marco c’è una differenza di valutazioni sul Movimento 5 Stelle: da questo punto di vista, lo trovo più vicino a un’informazione aggressiva. Io il Movimento lo voglio trattare come un partito, e questo comporta una diversa valutazione. Al momento ha un rapporto forte con La7: se un domani rimanesse senza tribuna, da me c’è sempre spazio”.
La conferenza si conclude qui.