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Lei manca dalla televisione da qualche anno. Forse, come molti, ritiene che la tv sia diventata infrequentabile oltre che spesso inguardabile?
“Al contrario, penso che la tv di oggi non sia né meglio né peggio di quella di ieri. Se guardi Piero Angela è una cosa, se scegli Maria De Filippi un’altra. Il punto è che è cambiato il pubblico, io ho 2 figli e loro guardano quello che trovano interessante su internet. Se nel programma di Piero Angela fanno un servizio sulle balene rosa ad esempio loro non si guardano tutto il programma, trovano sulla rete ’ balene rosa’ e guardano il servizio. Quindi non gli importa niente di chi fa il programma, potrei essere anche io o te invece di Angela.”
Quindi lei non pensa di tornare in televisione
“Sbagliato anche questo. Ho un progetto già presentato a Rai3 e se ne sta discutendo. Dovrebbe essere un programma di divulgazione scientifica.”
Alla Piero Angela?
“Si ma con un sorriso in più. Da ragazzo avevo un professore di storia tanto noioso da farmi odiare la materia. Poi un giorno ho incontrato Indro Montanelli che raccontava le stesse cose del professore ma in maniera tale che da quell’incontro io tengo sempre un libro di storia sul comodino. Non è detto che per informare bisogna annoiare chi ti ascolta. Tutto si può raccontare in maniera divertente, giocosa con metafore e allegria. Mia figlia, rendendomi molto orgoglioso, ha messo la mia foto sulla sua pagina facebook e ha scritto “papà continua a raccontarmi storie” perché le storie sono la Storia, persino le favole hanno radici storiche e nascono molto più crudeli e brutali di come poi ce le ha raccontate Walt Disney. Parlo di Cappuccetto Rosso che nessun cacciatore viene a salvare, ma anche di Cenerentola dove alla fine i corvi mangiano gli occhi alle sorellastre. Non sono bellissime le storie, la Storia?”
Com’è stato il suo debutto televisivo?
“Fu nell’87 su una rete privata come si chiamavano allora, Odeon Tv e il programma ‘Una notte all’Odeon’, c’erano anche Claudio Bisio, Enzo (Iacchetti ) e Stefano Sarcinelli. Io mi presentavo vestito da fachiro con mutandoni e un turbante in testa.“
Ed ora si prepara ad un altro debutto in un certo senso. Perché affianca il suo amico e collega Enzo Iacchetti in questa ‘scommessa’ che è rinverdire i fasti del Salone Margherita.
“Mi piacerebbe che tutto quello che Enzo (nuovo direttore artistico del teatro) pensa di fare si realizzasse e che anche a Roma, la città dove vivo la maggior parte del mio tempo, ci fosse un punto dove sentire che c’è fermento. Io e Enzo veniamo dall’esperienza del Derby di Milano, quando eravamo ragazzi si andava lì per il piacere di ritrovarsi , qualunque fosse la tua vita durante il giorno la sera ci si vedeva al locale per guardare i ‘vecchi’ del mestiere come Felice Andreasi o I Gufi quelli che noi giovani chiamavamo nosocomici. Poi c’era la generazione successiva dei Teo Teocoli, Cochi e Renato, Paolo Villaggio, Boldi e Iannacci e poi noi che facevamo le aperture e le chiusure delle serate. Le aperture andavano bene perché la gente restava comunque seduta. Le chiusure meno. È rimasta famosa una volta che dopo uno spettacolo di Teocoli, Malandrino &Veronica fecero la chiusura. Se ne sono andati tutti neanche una persona è rimasta. Ci siamo divertiti a prenderli in giro per molto tempo. “
La barba che incornicia un sorriso sempre aperto, gli occhi vivi di chi è capace di guardare il mondo in modo non convenzionale, realistico e non pessimista Covatta presenta al Salone Margherita (dal 25 febbraio al 1 marzo) una ripresa dello scorso anno. ‘Sei gradi’ che affronta alla sua maniera il tema preoccupante e urgente dell’innalzamento della temperatura terrestre.
“Gandhi diceva ‘sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.’ La verità è che per contrastare le cause del riscaldamento terrestre non ci si trova a combattere contro i Puffi ma contro i cosiddetti poteri forti, le multinazionali che non si limitano ad esprimere un parere opposto al tuo, ma se lo comprano quel parere. Si parla molto oggi dei problemi ambientali ed è vero che poi si realizza poco ma, chissà dopo un fiume di parole, anche le mie, magari succede qualcosa.”