Recensioni
Radio Belva: Retequattro sospende il talk show

Lapidario, ma significativo, il comunicato diramato da Retequattro che affida la spiegazione della cancellazione del talk show direttamente a Giuseppe Feyles. Questo è quanto fa sapere il direttore:
«Retequattro sospende la messa in onda di “Radio Belva”. Il programma non ha le caratteristiche di tono e contenuto adatti al prime time della rete». «Ieri, in alcuni momenti, la concitazione della diretta ha preso una deriva non condivisibile, della quale ci scusiamo con il pubblico e gli ospiti in studio e in collegamento». «Ringrazio comunque Cruciani e Parenzo, le cui capacità professionali non sono in discussione, e Videonews che ha realizzato il programma e che continuerà in futuro a fornire alla rete prodotti di qualità e successo».
Dunque finisce, speriamo definitivamente, l’avventura televisiva di Radio Belva e dei suoi due conduttori: David Parenzo e Giuseppe Cruciani. Arroganti, prevaricatori, incredibilmente pronti ad assalire sempre e comunque gli ospiti o chiunque si frapponesse alle loro tesi, i due padroni di casa hanno dato un’immagine trash e volgare dell’informazione. La deriva si è verificata soprattutto nella seconda parte con un Vittorio Sgarbi scatenato in una lunga fila di parolacce che hanno messo davvero i brividi. Una rissa di quartiere sarebbe stata più sobria. Era evidente che Cruciani e Parenzo cercavano lo scontro a tutti i costi, inseguivano la rissa più becera in una melma inqualificabile di trash che ha investito anche Emilio Fede, in collegamento. Neanche un minimo di rispetto per l’inviato speciale non solo dovuto alla sua lunga carriera, ma anche e soprattutto alla sua età. Non hanno fatto migliore figura Alba Parietti e Paolo Villaggio travolto anche lui dalla melma del programma.
Si capiva fin dall’inizio che il talk show aveva presunzioni incredibili: quelle fiamme che circondavano lo studio, inquietanti, come l’atteggiamneto dei due conduttori, alla fine hanno travolto i due padroni di casa nell’inferno da loro stessi creato. E son rimasti bruciati. Un’avventura che non poteva concludersi diversamente. E speriamo davvero che i vertici Mediaset abbiano valutato la statura del programma e non lo ripropongano in altra veste. Ci sono precedenti che parlano chiaro: Parenzo, dopo La7 (con In onda) è andato a far danni a Rai3 (con La guerra dei mondi) e adesso ha fatto precipitare ai minimi storici un programma di Retequattro: Radio Belva non ha infatti raggiunto neanche il 3% di share. Il pubblico, oramai sa valutare meglio ancora di quando non sappiamo fare i responsabili dei programmi. Siamo certi che una eventuale ripresa sarebbe ancora bocciata dall’Auditel. Infine: non sempre le trasmissioni che funzionano in Radio hanno lo stesso percorso felice anche in tv. La zanzara, insomma, al di fuori delle onde herziane, può essere davvero pericolosa.
La speranza a questo punto è che il programma non torni più in video. Non basta una messa a punto per reinventare uno stile informativo inesistente.
Recensioni
Buongiorno mamma recensione della serie con Raoul Bova

Canale 5 sta trasmettendo la serie Buongiorno mamma di cui vi proponiamo la recensione. Protagonisti della storia raccontata sono Guido e Anna Borghi interpretati rispettivamente da Raoul Bova e Maria Chiara Giannetta.
Tutto ruota intorno allo stato di coma profondo in cui è caduta Anna da sette anni.
Buongiorno mamma recensione
La serie è basata su una sceneggiatura che alterna momenti vissuti nel presente a flashback. Tutto per giustificare lo stato di coma profondo nel quale si trova la protagonista, madre di quattro figli. La donna, moglie di Guido Borghi, è stata vittima di una emorragia cerebrale che ha lasciato intatte le funzioni vitali, ma ha compromesso l’attività cerebrale.
Anna Borghi si trova in uno stato di terapia assistita che ricorda molto da vicino casi di cronaca reale. Tra questi l’esempio più calzante sembra essere riferito alla vicenda di Eluana Englaro, che aveva appassionato all’epoca l’opinione pubblica italiana dividendola in due fazioni.
È quello che accade anche nella fiction di Canale 5 in cui la situazione di Anna Borghi viene vista e analizzata secondo l’ottica personale ed individuale di ognuno dei componenti della famiglia. Il marito desidera tenerla ancora a casa dopo sette anni di coma profondo. La madre invece vuole porre fine ad una situazione che ritiene straziante, liberando la figlia dal corpo nel quale è ingabbiata, trasferendola in una clinica per malati terminali.
E poi ci sono le opinioni dei quattro figli di età differente che reagiscono in maniera diversa dinanzi alla madre in coma profondo.
Accanto alla disgrazia viene raccontata anche l’esuberanza giovanile e tutti i problemi dei quattro figli che vivono la loro età e le loro problematiche.
La sceneggiatura è stata difficile da inquadrare ed ha proceduto attraverso troppi flashback, tra l’altro estremamente veloci, soprattutto all’inizio. Ne hanno compromesso la comprensione immediata. Il telespettatore non aveva neppure il tempo di assuefarsi al passato che già si vedeva proiettato nel presente.
Rapidità di immagini, di contenuti e di situazioni si sono alternate senza un lasso temporale che potesse definirle in maniera univoca.
Ulteriori considerazioni
La colonna sonora tra l’altro è sottolineata da una musica molto triste e spesso monotona. E contribuisce a dar luogo ad una serie di tempi morti e di lungaggini, incrementati ancora di più da uno scorrere estremamente ritmato e rallentato degli eventi.
La pretesa della serie è di voler coniugare troppi ingredienti. Alla malattia ed alle tematiche giovanili, si unisce anche la linea mystery. A rappresentarla è soprattutto l’infermiera Agata, apparsa misteriosamente nella vita della famiglia Borghi. Intorno alla nuova venuta si sta delineando il solito mix di suspense e thriller che rimanda comunque ad una sorta di soap opera in stile moderno.
Solo sufficiente la prova di recitazione di Raoul Bova. Ovviamente, molto poco può dirsi di Maria Chiara Giannetta. Mentre i quattro figli e i personaggi più anziani, sembrano vivere staccati l’uno dall’altro senza aver mai raggiunto la coralità interpretativa che è alla base della riuscita di ogni racconto televisivo.
Recensioni
La Compagnia del Cigno 2 recensione della serie con Alessio Boni e Anna Valle

Rai 1 sta trasmettendo La Compagnia del Cigno 2 di cui vi proponiamo la recensione. La serie è interpretata tra gli altri, da Alessio Boni nel ruolo del maestro Luca Marioni e da Anna Valle che si cala nel ruolo di Irene Valeri. Ci sono poi i sette giovani studenti che, adesso stanno per diventare adulti e devono affrontare i problemi della loro esistenza quotidiana.
La Compagnia del Cigno 2 recensione
Ideata da Ivan Controneo che ne ha curato la sceneggiatura con Monica Rametta, la seconda stagione della serie pone l’accento in particolare sull’amicizia dei sette studenti. Allievi del conservatorio che adesso hanno raggiunto la maggiore età ma si portano dietro ancora i complessi dell’età adolescenziale.
Sono in una fase di transizione umana e artistica nel corso della quale non riescono a discernere i vari aspetti della loro personalità. Sette storie differenti di vita vissuta e di sacrifici per portare avanti il sogno di diventare musicisti. Setti differenti modi di approccio alle tematiche dell’età giovanile nelle quali Cotroneo è un grande esperto. Il telespettatore under 20 tende a riconoscersi nelle problematiche studentesche, nei primi amori, nelle delusioni, nella malinconia, ma anche nell’euforia che Cotroneo ha dipinto molto bene in ognuno dei sette protagonisti.
Ad inquinare questa atmosfera che, solo apparentemente sembra idilliaca, appare, nella seconda stagione l’elemento di disturbo rappresentato dal direttore e maestro d’orchestra Teomar Kayà. E’ questo il personaggio chiave destinato a modificare l’andamento della sceneggiatura ed a cambiare radicalmente il corso degli eventi. Ed è qui che la serie cade nel patetico e, in qualche modo, nella soap opera. Il nuovo venuto è l’intruso che porta con se rabbia, rancore e vendetta provenienti da un passato che non è stato mai dimenticato. E si riaffaccia dopo 25 anni con tutta la forza di una vendetta tanto attesa.
Il nuovo maestro è il male che attacca il bene e lo inquina. Mandando a rotoli ogni buona intenzione della serie.
Analisi dei personaggi
Certo, la sceneggiatura vuole puntare, per quanto riguarda i personaggi, soprattutto gli studenti, sul concetto dell’amicizia, una sorta di “Uno per tutti, Tutti per uno” che si concretizza in varie situazioni. Ma non tutte sono credibili. Alcune appaiono troppo spettacolarizzate solo per fini di audience e per catturare il telespettatore.
Al centro della serie c’è la musica colta e questo è sicuramente un pregio del racconto. C’è un percorso artistico che viene ben delineato nelle sue linee essenziali. Ma c’è anche troppa approssimazione nella schematicità delle tante vicende raccontate.
Alessio Boni, il Bastardo maestro Luca Marioni, riesce meno credibile rispetto al passato. Forse la serie poteva concludersi con la prima stagione. La seconda già appare una forzatura per la necessità di pescare nel torbido dei sentimenti umani a fini spettacolari.
Anna Valle non cambia. Cambiano le fiction da lei interpretate, ma resta rinchiusa nel suo schema di immobilismo recitativo. Molti i personaggi di contorno ad ognuno dei quali è affidato il ruolo di rendere al meglio la coralità recitativa. Sono i giovani protagonisti ad aver contribuito maggiormente al tentativo, non sempre riuscito.
Recensioni
La fuggitiva recensione della serie tv con Vittoria Puccini

Rai 1 sta mandando in onda La fuggitiva serie tv di cui vi proponiamo la recensione. La fiction è interpretata da Vittoria Puccini nel ruolo della protagonista Arianna Comano accusata ingiustamente di aver ucciso il marito, assessore all’urbanistica di un piccolo centro nei pressi di Torino.
La fuggitiva recensione della serie tv
La fuggitiva è un prodotto che vuole coniugare atmosfere drammatiche e thriller ma con la pretesa di essere una serie d’azione. Misteri, segreti, un passato tragico alle spalle dei protagonisti, mai totalmente elaborato e superato, sono alcuni degli elementi caratteristici della serie.
La prima puntata inizia con flash back che si susseguono ininterrottamente fino alla conclusione. Sono sprazzi della vita della protagonista rapita in tenera età dopo che i genitori erano stati uccisi in seguito ad una rapina. Vi si aggiungano sullo sfondo le atmosfere del conflitto bosniaco e l’addestramento, forse più che militare, a cui la protagonista è stata sottoposta per sopravvivere.
Insomma una vita, quella di Arianna, piena di drammi come solo una serie tv può ricreare. Drammi che ricominciano quando viene accusata dell’omicidio del marito. La sceneggiatura tenta di imprimere allo scorrere degli eventi un ritmo estremamente veloce, più che ansiogeno. Costringendo il telespettatore a non avere un minimo di sosta tra una fuga e l’altra, tra un appostamento ed una aggressione. Ma il tentativo non è riuscito.
Non mancano anche le ingenuità nella costruzione di una trama che, per la maggior parte, si svolge on the road con una dovizia di esterni tra Torino e località limitrofe. Sono, infatti gli esterni urbanistici ad essere sempre in primo piano, fotografati con cura. La pulizia della fotografia, fa troppo spesso da contraltare agli sporchi affari che stanno dietro la morte del marito della protagonista. E ad una vicenda che, più va avanti, più mostra lati oscuri, intrighi, ossessioni mai superate, non solo dalla protagonista. Insomma un guazzabuglio infernale.
In questa mescolanza di ingredienti riesce difficile dare credibilità ad una storia che sembra essere stata costruita, sia pur con le dovute differenze, sul film cult Il fuggitivo con Harrison Ford. Una copia mal riuscita, talvolta anche maldestra nella gestione.
Analisi dei personaggi
Vittoria Puccini non ha ancora lasciato alle spalle la sua Elisa di Rivombrosa nella staticità delle espressioni. Sono trascorsi anni dal personaggio da soap. Ma, ad uno sguardo attento, la credibilità della recitazione resta la medesima. Per tutta la durata del film è una fuggitiva incompresa che spesso non riesce ad esprimere i suoi sentimenti ed a comunicarli al pubblico perché ingabbiata in un limitato schema recitativo. Naturalmente la sceneggiatura procede, soprattutto nei suoi confronti, in maniera fin troppo lineare. Alla fine, si sa, la sua innocenza verrà dimostrata con la scoperta di una rete di loschi affari. Una rete che ha già seminato, fin dall’inizio, molti cadaveri.
Medesima scarsa credibilità per Pina Turco, l’agente Michela che nasconde a sua volta un passato poco chiaro.
Infine: neanche ai cattivi riesce dimostrare fino in fondo la propria malvagità. E il pubblico si accorge che poco o nulla riesce convincente all’interno della serie.
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