Questa sera va in onda la settima puntata di DOC3, il programma di documentari d’autore, presentato da Alessandro Robecchi , giornalista e autore televisivo. Il tema affrontato questa sera evidenzia un’altra faccia della violenza sulle donne.
L’appuntamento televisivo, condotto da Alessandro Robecchi, va in onda alle 23,55 circa su Rai3. Si tratta di una trasmissione fatta prevalentemente di documentari come fa capire lo stesso titolo, ideata da Lorenzo Hendel
con la collaborazione di Fabio Mancini e la consulenza di Luca Franco. Il documentario previsto questa sera ha per titolo Le ferie di Licu ed è stato realizzato da Vittorio Moroni. Ve lo proponiamo perchè è particolarmente interessante, affronta aspetti differenti ma egualmente aberranti che riguardano la violenza sulle donne e mostra realtà spesso nascoste sulle quali non si sofferma quasi mai l’attenzione pubblica. Una di queste realtà è caratterizzata dai cosiddetti matrimoni combinati che interessano soprattutto gli immigrati in Italia. Quando si tratta di sposarsi, infatti, anche i giovani immigrati di seconda generazione, cioè quelli nati in Italia, devono sottostare alle regole ben precise dei paesi d’origine.
Il fatto al centro della puntata, è realmente accaduto, come tutte le storie presentate nel ciclo di DOC3. Si tratta di una vicenda di immigrazione molto singolare raccontata con dovizia di particolari e con semplicità.
Le ferie di Licu presenta la storia di un matrimonio combinato. Licu è originario dal Bangladesh, immigrato in Italia, ben integrato. Vive a Roma, dove ha un lavoro stabile e dove si è costruito una cerchia di amici , tra i quali ci sono anche italiani. Ma, come dicevamo, se si tratta di sposarsi, le tradizioni del suo paese di origine prevalgono su tutto. I familiari costringono Licu a prendere moglie in Bangladesh. La prescelta è Fancy, la ragazza voluta per lui dalla sua famiglia. Il giovane non si ribella, anzi accetta il matrimonio e la sposa, perchè è giusto che sia così, le regole tradizionali della sua terra d’origine vanno rispettate. Così utilizza il mese di ferie dal lavoro per andare in Bangladesh, celebrare le nozze e organizzare il rientro in Italia con la giovane moglie.
A questo punto quella che potrebbe sembrare una storia d’amore, assume risvolti inaspettati e drammatici. La mentalità del Bangladesh insegue Licu a Roma e a pagarne le conseguenze è l’innocente Fancy, che subisce una dura segregazione nella casa del marito. L’uomo, infatti, non intende renderla partecipe della sua vita e della sue cerchia di amici. Così priva della libertà la moglie e il suo rapporto con lei si trasforma in dramma: siamo in presenza dell’ennesimo caso di sopraffazione sulla donna.
Di queste vicende, in Italia, ne esistono tante, e spesso le vittime non denunciano i loro compagni, accettando difficili e insostenibili condizioni di vita. DOC3, questa sera, cerca di far luce su questi temi.
“Monsters University” sbarca in grande stile in Italia il 21 agosto in oltre 750 sale. Ma dal 13 agosto sarà in anteprima nei migliori cinema. Eccezionale il cast delle voci italiane: gli irresistibili Soliti Idioti, l’inconfondibile Loretta Goggi e le star dei giovanissimi Martina Stoessel e Lodovica Comello.
Inizierà a fine novembre, e ha già suscitato molte polemiche e interrogazioni in commissione di Vigilanza: stiamo parlando di Mission, il docu-reality di RaiUno girato nei campi profughi.
Altra puntata, questa sera, del ciclo storico “Il Novecento raccontato da Paolo Mieli” a cura di Fania Petrelli, con la regia di Luca Romani. L’appuntamento è dedicato alla figura di Alcide De Gasperi, grande statista trentino, fondatore della Democrazia Cristiana, padre della Repubblica, promotore dell’Europa Unita.
L’Italia come set privilegiato di serie, fiction, pellicole per il piccolo e il grande schermo realizzate da produzioni straniere. E’ toccato, recentemente, all’Alto Adige, ospitare le riprese di prestigisoe fiction e serie non italiane le cui storie hanno come scenari naturali gli spettacolari paesaggi di questa regione. Vediamo, nei dettagli quali sono.
Un’altra vittoria per “Il commissario Montalbano”. Ieri LUNEDÌ 5 AGOSTO l’eroe nato dalla penna di Andrea Camilleri ed interpretato da Luca Zingaretti incolla in prima serata su Rai1 4 milioni 505 mila telespettatori, registrando il 25% di share.
Si fa prima a dire cosa non abbia fatto questo “guaglione” ormai cresciuto, napoletano doc. Stiamo parlando di Massimo Ranieri, vero nome Giovanni Calone, nato a Napoli il 3 maggio 1951. Tanti successi, tanti traguardi superati e vinti. Ora, non contento di tutto ciò che ha fatto, il poliedrico Massimo ha affrontato un’altra sfida, confrontandosi con il personaggio storico, ricreato da William Shakespeare, Riccardo III. Già presentato al suo debutto lo scorso 17 luglio al 65° Festival Skakespeariano nel Teatro Romano di Verona, il cantante-attore sarà in scena il 7 agosto al Teatro Romano di Ostia Antica, vicino Roma.
Massimo perché si è voluto mettere in gioco questa volta con Riccardo III?
“E’ un titolo che avevo in testa da più di vent’anni. Ad inculcarmi questa idea nella mia mente fu un mio amico palermitano, un ex professore di filosofia, molto colto, che un giorno parlandomi a quattr’occhi mi disse che potevo essere un ottimo Riccardo III. Ed ora il sogno è divenuto realtà. La vita è una. Non sono mai stato pronto a portare in scena quest’opera e forse non lo sono nemmeno ora perché si tratta di un testo gigantesco, ma non potevo rinunciare ad un desiderio così potente”.
Uno spettacolo imponente, maestoso, impegnativo dove lei è interprete e regista
“Ebbene sì, in scena con me 18 attori, l’adattamento di Masolino D’Amico, uno dei massimi anglisti al mondo e le musiche sono composte appositamente da Ennio Morricone. Ricordo che quando chiesi al Maestro di comporre le musiche per esaltare il mio Riccardo III, mi diede dell’incosciente. Ma se uno non è un po’ incosciente non può fare questo mestiere. E’ un ruolo con il quale prima o dopo ti devi confrontare. E’ una sfida che posso affrontare perché non ho padroni e non sono invischiato nelle congetture del sistema che impongono un certo comportamento”.
Come ha immaginato il suo Riccardo III?
“L’ho immaginato inquietante ed accogliente, proprio come quei grandi film noir che abbiamo profondamente amato. Per provare ad intravedere sulla scena l’eterno mistero del male. Tra le righe ho colto il noir che c’è dentro e da lì sono partito per una messinscena sospesa in un tempo indefinito. Il male seduce sia letteratura che drammaturgia e Riccardo ha una doppia seduzione essendo egli stesso attore”.
Non ci sono costumi d’epoca, dunque
“Gli uomini sono in smoking e le donne in abito da sera. E’ un testo sulla malvagità ed il potere senza tempo. Riccardo III è l’incarnazione del male, un re crudele ed ambizioso che, per la sete di potere e rivincita, colpisce i suoi congiunti, anche se poi viene sconfitto dai Tudor”.
Un personaggio così è affascinante!
“Molto, l’attore ne rimane molto affascinato. Interpretare un ‘buono’ è semplice poiché la bontà è innata nell’uomo, però si è attratti da personaggi come Riccardo, come Macbeth, malvagi per i loro loschi interessi. Riccardo è costretto a comportarsi da malvagio per difendere la sua dinastia, ma vive un attimo di debolezza dove è implicato il cuore quando dice ‘ho paura’. Questa affermazione mi ha risollevato perché per un attore come me essere malvagio dall’inizio alla fine è dura”.
Ma oggi quanto è attuale rappresentare Riccardo III? Qual è la necessità di rappresentare un testo shakespeariano così elaborato?
“C’è molta attualità. Basti pensare alla condizione dei tempi che stiamo vivendo politicamente drammatici. Riccardo III essendo stato un grande regnante vorrei ‘usarlo’ per far capire al pubblico che nulla è cambiato e la storia si ripete. Il personaggio lo vedo in molti politici di oggi: somiglianze, contaminazioni, allusioni”.
Per Massimo Ranieri ne è passata di acqua sotto i ponti. Dagli inizi della sua carriera, risalente ormai al 1965, fino ad adesso è stata un crescendo di successi, di consensi di pubblico e di critica. Quinto di otto figli di una famiglia modesta, la sua prima avventura artistica è come cantante negli USA, con il nome di Gianni Rock. Poi, a soli 15 anni, partecipò a Scala Reale (la Canzonissima di quell’anno condotta da Peppino De Filippo), questa volta con il nome definitivo di Massimo Ranieri. Era il 1966, ottenne un buon successo e da quel momento Massimo non si è più fermato. Cantante, attore di cinema prima (ricordate il suo primo film Metello e poi Bubù?) e di teatro poi, il cantante-attore ne ha fatta di strada, anzi di autostrada lunghissima. Se ha avuto modo di recitare, lo deve ai grandi registi che ha frequentato: da Peppino Patroni Griffi (che l’ha diretto in Napoli chi resta e chi parte dell’autore napoletano Raffaele Viviani), a Giorgio Strehler (che l’ha diretto in L’anima buona del Sezuan di Brecht e L’isola degli schiavi di Marivaux) per arrivare a Pietro Garinei che, dopo l’interpretazione nel 1961 di Domenico Modugno, ha voluto Ranieri nel 1987 per interpretare Rinaldo in campo, una vicenda ispirata alla spedizione dei Mille. Un artista completo, dunque, unico nel panorama italiano dello spettacolo, che addirittura ha riportato il grande teatro in televisione con 4 delle commedie più famose del grande Eduardo De Filippo su Raiuno: Filumena Marturano, Napoli milionaria, Questi fantasmi, Sabato, domenica e lunedì. Come cantava Charles Aznavour in una sua famosa canzone, “…Io sono un istrione….”, Ranieri ha sposato in pieno questo brano, cantandolo anche in un suo spettacolo teatrale: lui è un vero istrione da palcoscenico.
Dopo Riccardo III, a fine agosto, Massimo Ranieri riprenderà Sogno e son desto, spettacolo teatrale da lui stesso scritto con Gualtiero Peirce. Poi sarà la volta di Viviani Varietà per la regia di Maurizio Scaparro. Così, il nostro eclettico e magistrale saltimbanco giramondo non arresterà la sua genialità neanche mezzo secondo, anzi la diversificherà su tre versanti, non tralasciando il suo primo amore: il canto.
Questa sera va in onda un’altra puntata di “Lucarelli racconta”, il programma condotto da Carlo Lucarelli sulla terza rete. L’appuntamento è alle 23,55. Il conduttore e scrittore si occuperà di “Eroi normali“.
L’espediente a cui ricorre da decenni “Doctor Who” la serie fantascientifica più longeva, ovvero la “rigenerazione”, del protagonista, sarebbe perfetta da utilizzare in qualsiasi altra lunga serialità. Si tratta di questo: se dopo un certo periodo di tempo, il “Doctor” non è più efficace a causa di una qualsiasi evenienza, che può essere malattia o infortunio, ha la possibilità di rigenerarsi in una nuova identità.
Oggi, 5 agosto, è l’anniversario della scomparsa di Marilyn Monroe. Sono trascorsi 51 anni da quel tragico giorno, ma il mito della grande diva è sempre più radicato nella storia dello spettacolo a livello planetario.In questa occasione, Diva Universal, canale 128 della piattaforma Sky, questa sera, alle 21, la ricorda , in maniera inedita, con il documentario Love, Marilyn.