Interviste
Edoardo Ferrario: vi presento il mio Paese Reale e i miei progetti futuri
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Edoardo Ferrario sta proponendo su Raiplay il programma dal titolo Paese Reale. In otto puntate, ognuna da 30 minuti, fruibili settimanalmente al giovedì, Paese Reale si presenta come un talk show nel quale il conduttore e attore racconta vizi, virtù e contraddizioni dell’italiano medio. Insomma, sottolinea lo stesso Ferrario, Paese Reale è l’unico talk-show che pone domande su tutto ma non risponde a nessuno.
Ricordiamo che Edoardo Ferrario è un personaggio televisivo che si è distinto come comico e imitatore. In particolare i telespettatori della tv generalista lo hanno apprezzato a Quelli che il calcio dove ha realizzato parodie dal 2016 al 2019.
In passato, in particolare da giugno 2020, Ferrario aveva gestito sempre su Raiplay il programma Diamoci un tono. Per il suo impegno nel settore satirico, Edoardo Ferrario ha ricevuto anche il premio satira politica a Forte dei Marmi.
Ecco l’intervista rilasciata al sito www.maridacaterini.it.
Edoardo Ferrario: intervista al conduttore di Paese Reale
Come nasce il format di Paese Reale?
«Il programma è chiaramente ispirato ad un talk show, genere che io amo. Inizialmente doveva essere una stand up comedy con pubblico in studio. Purtroppo l’emergenza coronavirus ci ha fatto virare verso questo nuovo format».
Spieghi ai nostri lettori come si comporta il conduttore…
«In effetti il padrone di casa rappresenta la summa di tutti i conduttori italiani. È vanesio, protervo, eccentrico ed anche alquanto saccente. Naturalmente tutti questi comportamenti vengono amplificati in chiave ironica. Abbiamo voluto realizzare un programma di satira televisiva e sociale. E alla fine di ogni puntata abbiamo anche un ospite internazionale».
È stato lei a proporre il programma a Raiplay?
«In effetti è avvenuto il contrario. Elena Capparelli, responsabile di Raiplay, desiderava un programma nuovo, che fosse adatto ad un pubblico meno generalista è più adatto alla fruizione delle piattaforme digitali. Così nasce la trasmissione che include nel cast anche insigni personaggi. Tra questi Neri Marcorè, Sabina Guzzanti e Rocco Tanica solo per citarne alcuni».
Perché Paese Reale non è adatto ad una rete generalista?
«La tv generalista ha ignorato per troppo tempo una fascia di pubblico particolare. Ovvero quegli spettatori che, sembrava scontato, non seguissero i programmi nella maniera tradizionale. Invece con Paese Reale la tv viene proposta con una fruizione diversa. È il telespettatore che può sceglierla in qualsiasi momento della giornata».
Ha avuto difficoltà nella realizzazione delle puntate?
«Mi è stata concessa una grande libertà, soprattutto di linguaggio. Le reti generaliste presentano un problema: si teme spesso che il pubblico possa non capire un linguaggio più moderno».
La rivedremo ancora a Quelli che il calcio?
«In questa edizione no. L’impegno con Raiplay è stato molto intenso e gratificante. Tutte le puntate sono state registrate siamo estremamente soddisfatti dei risultati ottenuti».
Dopo Paese Reale ha altri progetti professionali?
«Sto lavorando ad un film per il cinema nel quale ci sono anche io come protagonista e sceneggiatore. Sarà la mia opera prima. Intanto sono sempre presente sul programma di Rai Radio 2, Blackout, e sto ancora assaporando il successo del libro uscito in estate: Siete persone cattive».
Qual è la sua opinione sulla comicità di oggi?
«I comici di oggi sono molti e li considero bravi. Hanno realizzato un ottimo lavoro. Bisogna però ricordare che tutto è partito dalla Central Comedy ed anche dai piccoli teatri ed i piccoli club. In questo modo è possibile farsi conoscere. I ragazzi di oggi sono riusciti a rinnovare la comicità con un linguaggio più moderno e sono consapevoli di essere capiti».
Crede che il web possa essere un punto di partenza?
«Sì, permette di farsi conoscere con efficacia. I ragazzi hanno confidenza con il linguaggio del web. Oggi io non sono certo che la tv generalista possa rappresentare un punto di arrivo. I telefonini hanno un’importanza fondamentale per costruirsi un proprio palinsesto. Il pubblico può ascoltare e seguire quando vuole».
Dunque lei non crede alla possibilità che un programma possa diventare il traino di un altro?
«Credo che questo termine sia oramai obsoleto. La tv si è evoluta e rappresenta un altro modo di comunicare».
Interviste
La zampata su Rai 2, parla l’autore e regista Diego Cugia: primo programma condotto da un cane
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Sabato 16 settembre, a partire dalle 17:00, è in onda su Rai 2 e Rai Play La zampata. Il programma è il primo ad essere presentato dal cane Pepito, che nelle otto puntate intervista personaggi dello spettacolo e realizza monologhi. Nel cast della serie ci sono Francesco Pannofino e Ilaria Stagni. La trasmissione è scritta e diretta da Diego Cugia, che in questa intervista presenta il progetto.
Intervista Diego Cugia, come è nato La zampata
Sin dal primo momento, La Zampata ha attirato molta curiosità. Ce ne può parlare meglio?
“La Zampata è un format originale scritto da un animale, perché sogno da sempre di avere, al posto delle braccia, le ali di un albatros. È presentato da un cane vero, Pepito, un bastardo senza tetto né legge. Tra un suo monologo e l’altro ci sono video di rockstar famose ma solo con protagonisti animali, e poi una raffica di zampate contro tutti gli esseri umani che devastano l’ambiente, o fanno sporche scommesse clandestine sui cani, o che mettono a rischio migliaia di specie. L’unico animale senza speranza è l’uomo.
Pepito sarà pure una fiction ma il suo dono della parola è un avvertimento a tutti noi: “Volete estinguervi? Affari vostri, ma noi stiamo evolvendo e, presto o tardi, occuperemo uno studio in via Teulada e rivolgeremo un proclama alla nazione”. Voi temete il dominio di IA l’intelligenza artificiale. Ma IA l’intelligenza animale, è da quella che dovremmo guardarci. Sono secoli che li massacriamo. Presto o tardi ce la faranno pagare. Non a caso il sottotitolo del programma è La rivolta degli animali”.
Come è nata l’idea
Come le è venuta in mente l’idea di dar vita a un programma condotto da un cane?
“Da questa semplice riflessione: vent’anni fa, quando Jack Folla, il mio detenuto nel braccio della morte, lanciava i suoi monologhi ribelli oltre le sbarre, le parole erano ancora come frecce e qualcuna poteva perfino cogliere il bersaglio. Oggi tutte le parole sono vecchie, mancano i grandi esempi, manca l’azione, tutto sembra devalorizzato e smorto. Sentivo il bisogno di un protagonista puro, un esserino muto fino a ieri, un bastardino che ribattezzasse il mondo. Quando Pepito, parlando con una mucca catalana che sta per partire da Barcellona su una nave arrugginita per essere macellata nel Golfo Persico, in mezzo alla strada, senza un minimo di pietà, chiede all’Europa: “avete approvato una norma che stabilisce che noi animali siamo esseri senzienti, era ora! E poi ci mandate a morire selvaggiamente dove gli occhi degli europei non vedono, e lo fate solo perché gli arabi pagano di più?”.
Pepito, ne La zampata, ha anche un altro dono, ci fa riflettere sull’ipocrisia, ci informa con notizie inedite o sottaciute, ma ci fa anche sorridere. Pannofino è così comico che poco ci mancava che il cane si mettesse a ridere. Nell’ultima puntata della prima stagione, il mio anchor dog si presenta anche nello studio di una celebre psicanalista junghiana, Chiara Tozzi. Poverino, è orfano, la cagnolina che gli piace non se lo fila perché non ha il pedegree. In più ha mandato in onda tante di quelle scene strazianti sugli animali che pure a lui è venuta un po’ d’ansia. La seduta d’analisi di Pepito è forse la scena che mi è piaciuta di più”.
Intervista Diego Cugia, la carriera in televisione
Diego, quello con La Zampata rappresenta il suo ritorno in televisione. Come mai è rimasto per tanto tempo lontano dal mondo della tv?
“Sono andato a letto presto la sera. Non bazzico salotti. Sono scorbutico. Sto bene da solo, nella mia casetta nel bosco, in Umbria con il Pepito originale, un Hovawart un po’ aggressivo. Avrei voluto dare la parte a lui ma poi ci avrebbe azzannati tutti. È dolcissimo, poi all’improvviso ti salta addosso. Dietro ogni angolo di casa mia può nascondersi un thriller”.
E per quanto riguarda la radio, invece?
“Due anni fa ho fatto tornare Jack Folla su Radio1, con la mia voce perché Roberto Pedicini è un grande doppiatore e costa, la mia voce costa poco, come un cespo di banane. Però è stato bello. Mi hanno scritto migliaia di aficionados. Poi è arrivato un nuovo direttore. Non mi ha mai neanche ricevuto. Era pure di sinistra, casa mia. Mi verrebbe da dire “parenti serpenti”. Ma sarebbe una cattiveria nei confronti dei serpenti”.
Intervista Diego Cugia, i progetti futuri
In attesa della messa in onda de La Zampata, quali sono i suoi progetti futuri?
“Da un mio libro “Tango alla fine del mondo” (Mondadori) sto trattando i diritti cinematografici con una produzione di Los Angeles. Ma finché non finisce lo sciopero degli sceneggiatori…Però so pazientare. Nei dieci anni che la Rai non mi ha fatto più lavorare ho praticato il Krya Yoga di Yogananda, da solo, nel mio piccolo eremo umbro che però ha un nome planetario: Giove. È stata la disoccupazione più lunga e devastante della mia vita, una situazione orribile, che lo Yoga ha trasformato in oro. Bellissimo. Ringrazio per ogni attimo di meditazione, di silenzio, di gioia, di pace”.
Prima di terminare l’intervista, mi permetta una curiosità. Che fine ha fatto Jack Folla?
“Non lo so, è da un po’ che non ci sentiamo. Forse ce l’ha con me, deve aver sbirciato una sera nei miei appunti queste parole: “Proporre a Radio 2 Jack Folla, ma lui adesso è una ragazza di oggi, forse una nipote, la figlia del fratello capitalista che Jack odiava, non so. “Jackie” Folla, come Jackline ma senza un Onassis, magari con un Pepito accanto. Una ragazza sola e ribelle con un cane dalle stesse idee. O magari lei di destra lui di sinistra, o viceversa. Jackie Folla non avrebbe più bisogno di parlare alla radio rinchiusa nel braccio della morte. Alcatraz, per i giovani d’oggi, è dovunque ti giri. Rispetto a loro, merli e canarini in gabbia se la passano meglio. Infatti, fischiettano ancora”.
Interviste
Maria Corleone, intervista all’attore Christian Burruano: vi racconto chi è Tony Zerilli
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Mercoledì 13 settembre, alle 21:25 su Canale 5, è in onda la prima puntata della serie Maria Corleone. Prodotta da Taodue con Clemart, ha nel cast Christian Burruano, che in questa intervista ci svela qualcosa di più sul suo personaggio, ovvero Tony Zerilli.
Intervista Christian Burruano, di cosa parla la fiction
Ci può dare qualche anticipazione sulla serie?
“Maria Corleone ha come regista Mauro Mancini. La protagonista, che ha il volto di Rosa Diletta Rossi, proviene da una famiglia mafiosa di Palermo. Tuttavia, ambisce a diventare stilista e lascia, per questo, il suo ambiente di origine, trasferendosi a Milano. Qui si fidanza con un procuratore interpretato da Alessandro Fella, da cui aspetta un figlio”.
Qualcosa, per Maria Corleone, a un certo punto cambia.
“Sì, quando il fratello di Maria è assassinato. Nella protagonista, da questo momento in poi, matura un desiderio di vendetta. Indaga per scoprire i responsabili dell’omicidio, iniziando un percorso molto duro per arrivare al proprio scopo”.
Christian, lei interpreta Tony Zerilli. Ci può dire qualcosa in più su di lui?
“Il mio è un personaggio solo apparentemente secondario. In realtà, da lui dipendono molti risvolti della vicenda raccontata. Zerilli è negli Stati Uniti, proviene da una famiglia malavitosa e ha delle relazioni d’affari con la Sicilia. Per tale motivo fa la spola tra l’Italia e New York. Le scene con Tony sono di azione. Al termine della prima stagione, l’antagonismo tra le due famiglie mafiose trasforma il mio personaggio nel cattivo della serie”.
La passione per la regia
Il ruolo in Maria Corleone non è, per lei, la prima esperienza in una fiction importante.
“È vero, in passato ho partecipato anche a Il Capitano Maria con Vanessa Incontrada e a Crossing Line. Inoltre, ho presenziato nel cast di Fiori sopra l’inferno, thriller con protagonista Elena Sofia Ricci. Tuttavia, per l’imminente futuro mi voglio concentrare sull’attività da regista”.
Ha già diretto qualche produzione?
“Nel 2019 ho realizzato un cortometraggio sperimentale, nel quale ho lavorato anche come attore. Tuttavia, non è mai stato pubblicato. Ora ne sto scrivendo altri due, che dovrebbero arrivare al cinema. Credo nella creatività e nell’originalità, seppur con la consapevolezza che, oramai, nel mondo dello spettacolo è stato fatto quasi tutto. Perciò, penso che l’originalità vada ricercata nel rimescolamento di tutte le carte”.
Intervista Christian Burruano, il suo parere sul doppiaggio
C’è qualche regista al quale si ispira?
“Sono profondamente ammirato dall’estetica di Terrence Malick, regista, sceneggiatore e produttore statunitense. Mi sono più volte chiesto il motivo per cui il suo universo cinematografico non sia mai stato esplorato fino in fondo qui in Italia. La risposta che mi sono dato è che, forse, l’Italia è ancora poco interessata a narrative di questo genere”.
Di recente, nel mondo della recitazione si discute sulla necessità del doppiaggio. Lei che ne pensa?
“Personalmente, non amo i doppiaggi. Non sopporto che qualcuno si metta al di sopra della vera voce di un attore. Esiste una relazione tra l’interprete e il pubblico che, con il doppiaggio, viene meno”.
Cosa le riserva il futuro?
“Con ogni probabilità lascerò l’Italia. Devo scegliere se recarmi in Inghilterra o negli Stati Uniti”.
Interviste
Don’t Forget The Lyrics 2023, intervista a Gabriele Corsi: le novità, speciale in prime time con i vip
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Nove, dalle 20:30 di lunedì 11 settembre, propone le nuove puntate di Don’t Forget The Lyrcs 2023. Il conduttore Gabriele Corsi, in questa intervista, racconta le novità dell’edizione.
Don’t Forget The Lyrics 2023, le novità
Che novità ci attendono per l’edizione 2023 di Don’t Forget The Lyrics?
“Abbiamo apportato diverse modifiche, a partire dallo studio, che presenta un design moderno. Anche le grafiche e i colori sono cambiati, con l’obiettivo di far vivere allo spettatore un’esperienza coinvolgente ed avvincente”.
Sono previsti dei cambiamenti nel meccanismo di gioco?
“Sì. Una delle due categorie di gioco, infatti, presenta un valore nascosto. Ciò aggiunge suspense e sorpresa alla sfida. Anche quest’anno, poi, al fianco dei concorrenti ci sono grandi ospiti di puntata, che arricchiscono ulteriormente l’esperienza”.
Il punto di forza del format
Quella in partenza l’11 settembre è, per lei, la quarta stagione al timone dello show.
“Amo Don’t Forget The Lyrics. C’è un’atmosfera calda, è una sorta di mini varietà. Nella trasmissione è protagonista la musica, nel senso che riscopriamo grandi brani del passato che sembravano dimenticati ma che, in realtà, i giovani cantano ancora oggi. Uno dei singoli più ascoltati, per esempio, è Io vagabondo dei Nomadi”.
La trasmissione, nella scorsa edizione, ha ottenuto ottimi ascolti. Secondo lei perché Don’t Forget The Lyrics ha successo?
“Perché è fresco e c’è leggerezza. Oggi la gente è selettiva ed esperta: quando guardano Don’t Forget The Lyrics percepiscono che noi ci divertiamo davvero. Anche grazie all’affetto degli spettatori siamo arrivati alla quarta stagione, che termina a fine novembre”.
Don’t Forget The Lyrics 2023, lo speciale in prima serata con i vip
Dopo il ciclo di puntate inedite in partenza l’11 settembre che succederà?
“È previsto uno speciale in prima serata, con concorrenti vip”.
Don’t Forget The Lyrics tornerà dopo le ferie natalizie?
“Dipende dal pubblico. Fino ad oggi abbiamo sempre ottenuto ottimi ascolti, per cui è probabile che possa esserci un ritorno”.
Nel frattempo, ad ottobre è impegnato in un altro show di successo.
“È vero, per il terzo anno consecutivo sono al timone de Il contadino cerca moglie. Anche questa, così come Don’t Forget The Lyrics, è una esperienza molto bella. Mi dà la possibilità di andare nelle campagne e tastare con mano la vita reale”.
A proposito di vita reale. Si parla tanto del femminicidio, ma non si riesce a trovare una soluzione. Che ne pensa?
“Io rimango sotto choc nel constatare che da inizio anno sono morte già ottanta donne. Dobbiamo assolutamente fare di più. Ci vuole un’educazione più forte e sentita da parte di genitori ed educatori. Anche la televisione deve fare il suo compito, mandando messaggi positivi. Comunque, continuo ad avere fiducia nelle nuove generazioni: spero che, con loro, qualcosa possa finalmente cambiare”.
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