Interviste
Lavinia Abate, Miss Italia 2022: il mio sogno è Sanremo Giovani
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Lavinia Abate è la Miss Italia 2022. La 18 enne di Roma ha ricevuto il prestigioso riconoscimento durante la finale di mercoledì 21 dicembre. In precedenza già Miss Lazio, nella finalissima ha avuto la meglio contro Carolina Vinci (Miss Sardegna) e Virginia Cavalieri (Miss Emilia Romagna). Lavinia, in questa intervista, parla dei suoi sogni futuri.
Intervista Lavinia Abate, l’importanza della famiglia
-Lavinia, lei è l’ottantatreesima Miss Italia. A chi ha dedicato la vittoria?
“Dedico la vittoria ai miei genitori, che mi hanno sempre sostenuto. Sono contenta e fiera di rappresentare l’Italia, seppur consapevole di dover condividere il titolo di Miss con il percorso scolastico”.
–Com’è il suo rapporto con la scuola?
“Frequento l’ultimo anno del Liceo Scientifico ‘Tommaso Salvini’ di Roma. In tutti questi anni sono sempre stata promossa, prendendo buoni voti”.
–È vero che lei è bilingue?
“Sì, oltre all’italiano parlo agevolmente l’inglese. Ciò grazie alla mia famiglia: mamma, infatti, è nata in Gran Bretagna. Mio papà, invece, è di Roma, dove sono nata anche io. Poi ho due fratelli, uno di 12 e uno di 22 anni. Entrambi sono stati sin da subiti miei grandi fan”.
“Ho convissuto con problemi di salute non ancora del tutto superati”
–Presentandosi per Miss Italia ha confessato che, in passato, ha dovuto affrontare dei momenti di difficoltà. Le va di parlarcene?
“Sì, in passato ho avuto momenti complicati, causati in primis da sofferenze in amore e da alcune incertezze su me stessa. Inoltre, da qualche tempo sono costretta a convivere con dei problemi di salute. Ho portato per diversi anni un busto alla schiena e, ad oggi, non ho ancora risolto definitivamente. Dovrò sottopormi a ulteriori accertamenti per capire se posso evitare l’utilizzo del corsetto”.
–Come affronta i momenti di sconforto?
“Con la musica, mia grande passione che penso di aver ereditato dalla nonna. Suono il pianoforte sin da piccola e, negli anni, ho preso varie lezioni. Quando vivo un periodo complicato mi metto al piano e compongo delle musiche. La melodia mi esce in modo spontaneo, direttamente dall’anima. Non so spiegarmi nemmeno io come faccia a comporre così velocemente”.
Intervista Lavinia Abate, il sogno di Sanremo Giovani
–Miss Italia ha rappresentato un ottimo trampolino di lancio per entrare nel mondo dello spettacolo. Lei cosa si augura per il futuro?
“Il mio sogno, dopo Miss Italia, è quello di diventare una cantautrice. In particolare, spero che la vittoria al concorso di bellezza mi dia la giusta visibilità per tentare di partecipare a Sanremo Giovani. Vorrei calcare quel palcoscenico con un testo scritto da me. Ad oggi, infatti, ho già all’attivo cinque brani, due in italiano e tre in inglese. So che dovrò confrontarmi con un mondo difficile, ma in futuro spero di essere riconosciuta soprattutto per la musica che compongo”.
–Da sempre c’è grande interesse per la vita sentimentale delle Miss. Lei ha già dichiarato di essere single…
“Confermo. Cerco una persona comprensiva e dolce, che sia consapevole di sé stessa. Ma, principalmente, spero di trovare qualcuno con il quale condividere tutto il bello e il brutto che la vita offre”.
Interviste
Cuori, intervista a Carmine Buschini: Fausto tra il lavoro e l’amore per Virginia
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Rai 1, nel prime time della domenica, propone la seconda stagione di Cuori. Tra gli attori della fiction c’è Carmine Buschini, che interpreta il personaggio di Fausto e che, in questa intervista, commenta l’esperienza nella serie.
Intervista Carmine Buschini, l’amore per Virginia cambia Fausto
Carmine, nella fiction dà il volto a Fausto Alfieri. Che personaggio è il suo?
“Fausto viene da una famiglia umile e sogna sin da bambino di diventare un cardiochirurgo. Ora, da specializzando, sta concretizzando le sue aspirazioni e vorrebbe contrattualizzare ufficialmente il suo lavoro. Sono il braccio destro di Alberto, che rispetto agli altri mi ha insegnato tanto. A lavoro, però, c’è un nuovo ragazzo che insidia il mio posto”.
Dal punto di vista sentimentale, l’incontro con Virginia lo cambia.
“È vero. Fausto, il mio personaggio in Cuori, è un ragazzo integerrimo, ma poco propenso ai legami sentimentali. Riesce a superare queste difficoltà grazie a Virginia (Bianca Panconi), che fa venire fuori anche la parte che lui non conosceva, facendolo cadere in preda alle proprie emozioni. Fausto indossa una corazza, ma l’amore per Virginia lo cambia, lo rende sensibile, ma comincia a fare delle scelte discutibili”.
Le similitudini con Fausto
Cuori sta ottenendo buoni ascolti. Qual è, secondo lei, l’elemento che appassiona di più il pubblico?
“La qualità. Penso che, da questo punto di vista, quest’anno la qualità sia superiore all’edizione passata”.
Ha qualche punto in comune con Fausto?
“In primis anche io sono nato in una famiglia povera. Lui, con il suo lavoro, ha avuto una sorta di rivincita verso la vita e in questo mi rispecchio. Fare l’attore mi piace da quando ho dodici anni, amo sperimentare sempre nuovi ruoli. Ho avuto la possibilità recitare e sono stato visto dalle persone giuste, che mi hanno condotto poi sui set delle fiction”.
Intervista Carmine Buschini, il successo di Braccialetti Rossi
Ed è così che è arrivato a Braccialetti Rossi. Che esperienza è stata?
“Il personaggio di Leo mi ha dato la notorietà. È stato il mio trampolino di lancio e ora Netflix sta rimandando in onda l’intera serie. Leo mi ha dato consapevolezza ed autostima, oltre alla forza di cui necessitavo in un momento particolarmente delicato della mia vita. Tuttavia, mi piace dare voce a tanti personaggi e non chiudermi in uno solo. Questo è il rischio che potevo correre con Braccialetti Rossi”.
C’è un ruolo che ancora non ha fatto ma che le piacerebbe interpretare?
“Vorrei interpretare un ruolo comico, leggero. Mi piacerebbe riuscire ad affrontare alcune situazioni scherzandoci su. Amo molto la comicità che porto dentro di me e che mi piace chiamare leggerezza”.
Oltre che in Cuori, dove la vedremo in futuro?
“Ci sono molte cose in cantiere. In futuro spero ancora di fare televisione ed arrivare al cinema, che non ho mai fatto”.
Interviste
Renato Bosco: intervista al conduttore di Na Pizza in onda su Sky Uno
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Abbiamo incontrato Renato Bosco, conduttore del programma in onda su Sky Uno “Na Pizza“, che ci ha raccontato come è nata la sua passione per la pizza.
Renato Bosco: intervista al conduttore di Na Pizza
Ci racconti quando è nato il suo lavoro di ricerca. E soprattutto quando si è accesa la lampadina che ti ha fatto arrivare ad essere ciò che sei?
Io penso che quando racconto la mia storia è sempre una storia di treni che passano e la fortuna di salirci sopra. Ero giovanissimo, in una pizzeria di San Martino buon albergo. Ci tengo a dirlo io sono di San Martino buon albergo, sono della provincia di Verona e stavano ricercando un cameriere. Pensa te ho iniziato in sala e per poi per caso o per fortuna il pizzaiolo ha avuto una piccola malattia e si è assentato da quello che era il posto di lavoro. Qui io ho iniziato ad approcciarmi al mondo della pizza e da lì è nata la scintilla che poi per me è stata tutta una ricerca , una voglia di fare e di confrontarmi con questo mondo.
Ha trovato nel suo percorso degli ostacoli da parte dei palati più tradizionali. Se si come li ha convinti ad assaggiare questo tipo di pizza un po’ diversa da quella classica che tutti conosciamo?
Bè sicuramente abbiamo trovato degli ostacoli che però ci aiutano a riflettere. Ma soprattutto ci aiutano a capire la direzione che stiamo prendendo e sono delle grandi opportunità. Non dobbiamo pensare che la critica sia una cosa negativa. Ma è una cosa che ci fa riflettere, ci dà delle giuste direzioni. E secondo il mio punto di vista è veramente importante come convincerli probabilmente assaggiando il prodotto, perché magari uno vede il prodotto che ha un volume, ha una consistenza che magari non è la desiderata, la croccante magari a qualcuno non piace però poi al morso e all’assaggio li convinci immediatamente.
Renato Bosco se dovesse convincere un bambino, un futuro ragazzo che vuole intraprendere questo percorso che cosa gli direbbe e come spiegherebbe la sua definizione di pizza-ricercatore?
Ah bella domanda, è la prima volta che mi viene posta quindi di conseguenza. È uno dei temi un po’ scottanti no, la ricerca di personale. Come poter convincere un bambino, un giovane ad approcciarsi a questo mondo è veramente complesso. Probabilmente dovremmo scendere dal piedistallo anche noi pizzaioli e poter entrare nelle scuole alberghiere e poter approcciare a questo mondo della scuola che è veramente importante. La cosa che direi, lo studio è al primo posto, è importante il sapere. Conoscere la regionalità, la storia, la geografia devono essere veramente il punto di partenza di tutto. E con l’approccio probabilmente come tanti anni fa si entrava nelle scuole per portare la propria esperienza ecco se ci fosse questa possibilità li farei innamorare. Per quale motivo, perché quando ti vedono lavorare poi mettono le mani in pasta sicuramente gli si apre un mondo, quel mondo che normalmente tu vedi dall’altra parte del banco e non percepisci quanto bello è.
Renato Bosco Na Pizza: La sua pizza migliore per chi la cucinerebbe?
La cucinerei per quel bambino che ha detto prima e gli farei una margherita però una margherita fatta bene, quando dico fatta bene vuol dire scegliere gli in gradienti giusti e utilizzare tutti ingredienti italiani.
Ma c’è un ingrediente perfetto senza il quale la pizza non riesce bene?
Direi la farina perchè senza quella…No. Tutti gli ingredienti hanno il suo perché, non saprei oggi dire qual’è l’ingrediente che non può mancare, sicuramente l’ingrediente e direi più importante è la passione, l’ingrediente che ti fai smuovere e ti mette nelle condizioni di creare ogni volta la pizza più buona del mondo.
Parte dal 2 ottobre la seconda edizione del Programma Na Pizza, le chiediamo per i lettori di Marida Caterini.it perché dovremmo vederlo.
Perché vedere il programma?
Perché è un viaggio, è un viaggio con gli amici pizzaioli perché son tutti amici quelli che vengono all’interno del programma. Vedremo due regioni, due visioni diverse del mondo della pizza. Racconteranno il proprio territorio e secondo me vale la pena perché diventa poi meta anche per qualsiasi persona vede il programma poi magari arriva nella regione. Facciamo una ipotesi va nel Lazio, va a Roma, va da Pier perché ha raccontato la sua storia. Probabilmente ha messo gola alle persone che lo vedono.
Interviste
La zampata su Rai 2, parla l’autore e regista Diego Cugia: primo programma condotto da un cane
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Sabato 16 settembre, a partire dalle 17:00, è in onda su Rai 2 e Rai Play La zampata. Il programma è il primo ad essere presentato dal cane Pepito, che nelle otto puntate intervista personaggi dello spettacolo e realizza monologhi. Nel cast della serie ci sono Francesco Pannofino e Ilaria Stagni. La trasmissione è scritta e diretta da Diego Cugia, che in questa intervista presenta il progetto.
Intervista Diego Cugia, come è nato La zampata
Sin dal primo momento, La Zampata ha attirato molta curiosità. Ce ne può parlare meglio?
“La Zampata è un format originale scritto da un animale, perché sogno da sempre di avere, al posto delle braccia, le ali di un albatros. È presentato da un cane vero, Pepito, un bastardo senza tetto né legge. Tra un suo monologo e l’altro ci sono video di rockstar famose ma solo con protagonisti animali, e poi una raffica di zampate contro tutti gli esseri umani che devastano l’ambiente, o fanno sporche scommesse clandestine sui cani, o che mettono a rischio migliaia di specie. L’unico animale senza speranza è l’uomo.
Pepito sarà pure una fiction ma il suo dono della parola è un avvertimento a tutti noi: “Volete estinguervi? Affari vostri, ma noi stiamo evolvendo e, presto o tardi, occuperemo uno studio in via Teulada e rivolgeremo un proclama alla nazione”. Voi temete il dominio di IA l’intelligenza artificiale. Ma IA l’intelligenza animale, è da quella che dovremmo guardarci. Sono secoli che li massacriamo. Presto o tardi ce la faranno pagare. Non a caso il sottotitolo del programma è La rivolta degli animali”.
Come è nata l’idea
Come le è venuta in mente l’idea di dar vita a un programma condotto da un cane?
“Da questa semplice riflessione: vent’anni fa, quando Jack Folla, il mio detenuto nel braccio della morte, lanciava i suoi monologhi ribelli oltre le sbarre, le parole erano ancora come frecce e qualcuna poteva perfino cogliere il bersaglio. Oggi tutte le parole sono vecchie, mancano i grandi esempi, manca l’azione, tutto sembra devalorizzato e smorto. Sentivo il bisogno di un protagonista puro, un esserino muto fino a ieri, un bastardino che ribattezzasse il mondo. Quando Pepito, parlando con una mucca catalana che sta per partire da Barcellona su una nave arrugginita per essere macellata nel Golfo Persico, in mezzo alla strada, senza un minimo di pietà, chiede all’Europa: “avete approvato una norma che stabilisce che noi animali siamo esseri senzienti, era ora! E poi ci mandate a morire selvaggiamente dove gli occhi degli europei non vedono, e lo fate solo perché gli arabi pagano di più?”.
Pepito, ne La zampata, ha anche un altro dono, ci fa riflettere sull’ipocrisia, ci informa con notizie inedite o sottaciute, ma ci fa anche sorridere. Pannofino è così comico che poco ci mancava che il cane si mettesse a ridere. Nell’ultima puntata della prima stagione, il mio anchor dog si presenta anche nello studio di una celebre psicanalista junghiana, Chiara Tozzi. Poverino, è orfano, la cagnolina che gli piace non se lo fila perché non ha il pedegree. In più ha mandato in onda tante di quelle scene strazianti sugli animali che pure a lui è venuta un po’ d’ansia. La seduta d’analisi di Pepito è forse la scena che mi è piaciuta di più”.
Intervista Diego Cugia, la carriera in televisione
Diego, quello con La Zampata rappresenta il suo ritorno in televisione. Come mai è rimasto per tanto tempo lontano dal mondo della tv?
“Sono andato a letto presto la sera. Non bazzico salotti. Sono scorbutico. Sto bene da solo, nella mia casetta nel bosco, in Umbria con il Pepito originale, un Hovawart un po’ aggressivo. Avrei voluto dare la parte a lui ma poi ci avrebbe azzannati tutti. È dolcissimo, poi all’improvviso ti salta addosso. Dietro ogni angolo di casa mia può nascondersi un thriller”.
E per quanto riguarda la radio, invece?
“Due anni fa ho fatto tornare Jack Folla su Radio1, con la mia voce perché Roberto Pedicini è un grande doppiatore e costa, la mia voce costa poco, come un cespo di banane. Però è stato bello. Mi hanno scritto migliaia di aficionados. Poi è arrivato un nuovo direttore. Non mi ha mai neanche ricevuto. Era pure di sinistra, casa mia. Mi verrebbe da dire “parenti serpenti”. Ma sarebbe una cattiveria nei confronti dei serpenti”.
Intervista Diego Cugia, i progetti futuri
In attesa della messa in onda de La Zampata, quali sono i suoi progetti futuri?
“Da un mio libro “Tango alla fine del mondo” (Mondadori) sto trattando i diritti cinematografici con una produzione di Los Angeles. Ma finché non finisce lo sciopero degli sceneggiatori…Però so pazientare. Nei dieci anni che la Rai non mi ha fatto più lavorare ho praticato il Krya Yoga di Yogananda, da solo, nel mio piccolo eremo umbro che però ha un nome planetario: Giove. È stata la disoccupazione più lunga e devastante della mia vita, una situazione orribile, che lo Yoga ha trasformato in oro. Bellissimo. Ringrazio per ogni attimo di meditazione, di silenzio, di gioia, di pace”.
Prima di terminare l’intervista, mi permetta una curiosità. Che fine ha fatto Jack Folla?
“Non lo so, è da un po’ che non ci sentiamo. Forse ce l’ha con me, deve aver sbirciato una sera nei miei appunti queste parole: “Proporre a Radio 2 Jack Folla, ma lui adesso è una ragazza di oggi, forse una nipote, la figlia del fratello capitalista che Jack odiava, non so. “Jackie” Folla, come Jackline ma senza un Onassis, magari con un Pepito accanto. Una ragazza sola e ribelle con un cane dalle stesse idee. O magari lei di destra lui di sinistra, o viceversa. Jackie Folla non avrebbe più bisogno di parlare alla radio rinchiusa nel braccio della morte. Alcatraz, per i giovani d’oggi, è dovunque ti giri. Rispetto a loro, merli e canarini in gabbia se la passano meglio. Infatti, fischiettano ancora”.
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