Per il pubblico di Rai1 che segue puntualmente il Festival schiacciare il tasto rewind e riavvolgere il nastro dei ricordi è operazione abbastanza semplice e immediata. Qualcuno, magari, in un nostalgico viaggio nel tempo, potrebbe essere proiettato nel lontano 1976, davanti ad una radiosveglia ad ascoltare Sambariò di Drupi. A quei tempi Sanremo andava in tv solo il sabato, per la finale. E agli “aficiodanos” non restava che seguire
la musica e l’immaginazione.
Gli anni passano e le serate televisive aumentano . Nel 1990 diventano 4, e addirittura 5 a partire dal 1995. Il perché è presto detto: i telespettatori orfani di “Canzonissima” e“Fantastico” chiedono un programma che coniughi musica e spettacolo e alla Rai serve un evento ossigenante che rimpingui le casse e alzi gli ascolti. Ma come si riempiono le serate, soprattutto quella del venerdì , chiamata la “finalina” perché si decreta il vincitore dei “giovani”? La semplice gara tra concorrenti semi sconosciuti non ha la forza di attrarre gli spettatori e allora, di anno in anno, si sono create nuove formule di intrattenimento. E tra queste ecco spuntare dal cilindro creativo degli autori e dei funzionari Rai ” i venerdì di Sanremo”.
Negli ultimi anni “i venerdì di Sanremo” si dividono tra l’idea sempreverde dei duetti ( in voga negli anni ’60) con cantanti stranieri e non, e serate a tema dove il filo conduttore è stato molte volte il sentimento patriottico ( 150 anni dell’ Unità d’ Italia o L’ Italia nel mondo). Quest’ anno si è voluto privilegiare il “mi ricordo” sapor nostalgia, riproponendo con nuovi arrangiamenti canzoni datate e non. In fondo fa sempre piacere riascoltare vecchie canzoni; ci sembra di recuperare pezzetti di noi che avevamo lasciato in qualche zona d’ombra e, ricomposto il puzzle, abbiamo la sensazione di rapppacificarci col passato.
Allora via! Comincia il viaggio a ritroso nel tempo proposto dall’ultimo venerdì di Sanremo.
Malika Ayane si esibisce con due ballerini in “Cosa hai messo nel caffè” (Riccardo del Turco – 1969). La cover è simpatica e spiritosa stile “gocce di pioggia su di me” e Malika dimostra anche di saper ballare.
Daniele Silvestri con “Piazza grande” (1972) canta Dalla, triste e intenso.
Annalisa Scarrone accompagnata dall’ “amica” Emma Marrone canta “Per Elisa” (Alice – 1981) in una versione veloce e, forse, un po’ sguaiata. Alice non abita più qui!
Il gruppo Marta sui Tubi ha il grande merito di riportare all’ Ariston Antonella Ruggiero. Interpretano “Nessuno”( Betty Curtis – 1959) brano che parte lento ma che finisce con brio. La platea gradisce.
Raphael Gualazzi suona “Luce (tramonti a nord est)”(Elisa – 2001). L’ idea di arrangiarla jazz non è cattiva ma mette giù tante note, troppe, tradendo così la melodia della canzone.
I Modà si immergono nel passato cantando la famosa “Io che non vivo” (Pino Donaggio -1965).Interpretazione in linea con la tradizione classica e sentimentale. Ma quante volte l’hanno coverizzata questa canzone?
Simone Cristicchi ha la fortuna di cantare una delle più belle canzoni di tutti i tempi ,“Canzone per te” (Sergio Endrigo – 1968). Se ci fosse stata una gara, suo sarebbe stato il podio.
Simona Molinari con “Tua” (Julia De Palma – 1959) riporta in video Franco Cerri, storico chitarrista jazz. Uno dei pochi maestri rimasti.
Maria Nazionale canta con patos “Perdere l’amore” (Massimo Ranieri – 1988). Poteva essere l’ intepretazione perfetta se avesse “neomelodicato” di meno. Ma non “è colpa sua”, farlo è nella sua natura.
Pesante l’ eredità di Marco Mengoni che canta “Ciao amore ciao” (Luigi Tenco – 1967). Drammatico, si conferma ottimo interprete esistenziale.
Elio e le storie tese coinvolgono Rocco Siffredi in un felice siparietto .“Un bacio piccolissimo” (Robertino -1964) è l’occasione per giocare con i doppi sensi “piccolo/grande”. Nani sul palco, giganti sulla scena.
Max Gazzè Vestito da domatore rom porta sul palco dell’ Ariston “Ma che freddo fa” (Nada – 1969). E riscalda come sempre la platea.
Nonostante Chiara Galiazzo sia una brava interprete per cantare questo “diamante” “Almeno tu nell’universo” (Mia Martini – 1989) non serve solo la voce ma anche personalità e esperienza per questo la cover migliore rimane quella di Elisa.
Gli Almamegretta senza Raiz si cimentano in una versione de “Il ragazzo della via Gluck” (Celentano -1966) un po’ reggae, un po’ rap, un po’ jazz…un po’ troppo!
Il nostro viaggio è finito. Ma solo momentaneamente, perchè di amarcord è piena la tv, soprattutto le reti generaliste.