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Nel corso dell’ultima puntata abbiamo ascoltato Montanini riflettere su come, oggi, l’uomo stia sostituendo la fede in Dio con la fede in se stesso, convincendosi erroneamente che basti avere fiducia nelle proprie capacità per raggiungere qualsiasi tipo di obiettivo.
È stato poi il turno di una scialba invettiva contro Salvini e i leghisti, giustificata nei suoi luoghi comuni dal fatto di voler parlare come “loro” parlano a noi. E infine, il desiderio di voler ripristinare il blocco sovietico, quando almeno la distinzione tra buoni e cattivi era netta e si sapeva da che parte stare.
Per quanto riguarda la candid invece, il secondo ciclo del programma si è chiuso con una delle più riuscite: la troupe di Nemico Pubblico si è spostata a Tarquinia, dove cittadini inferociti hanno assistito alla proposta di costruire un inceneritore proprio nella loro città.
Una stagione questa che, a differenza della prima, ha suscitato alcune perplessità.
Innanzitutto i testi: pochi quelli che, al termine del ciclo di puntate, hanno colpito davvero. Un pezzo su tutti, tra quelli che ricorderemo, l’apertura sull’attentato a Charlie Hebdo, con la tesi secondo la quale è inutile sostenere ipocritamente il diritto alla libertà d’espressione, quando siamo noi stessi a non esercitarlo per comodità.
Calato nel ruolo di “nemico pubblico” a tutti i costi, l’impressione è stata spesso quella di vedere un comico talentuoso affidarsi alla professionalità e al mestiere più che alla potenza dei testi. Con un risultato, come ha osservato Aldo Grasso, discontinuo: alternando cioè momenti meritevoli ad altri in cui la funzione eversiva del monologo satirico sembrava poggiare esclusivamente sul linguaggio forte. Talvolta con un’inflessione romanesca che farebbe invidia ad Enrico Brignano.
Ribadita l’allergia a vegani e animalisti fanatici, proprio per tenere fede al personaggio, in altri casi l’obiettivo sembrava esclusivamente colpire il nome famoso. Non è chiara altrimenti la forzatura per cui, ad esempio, un cronista di giudiziaria qual è Travaglio, dovrebbe andare a lavorare in Libia.
A Montanini comunque, dobbiamo il racconto di uno “sbattezzo” sulla tv pubblica di Stato, la stessa che su Rai 1 trasmette in diretta la messa della domenica.
Discorso diverso invece per Filippo Giardina, le cui interviste hanno rappresentato il valore aggiunto della trasmissione. Attraverso dei veri e propri capovolgimenti di senso, ma con una logica stringente, infatti, il comico ha esposto tesi tanto impopolari quanto potenti. Secondo Giardina infatti, i social network sono fascisti perché consentono una “dittatura dei vip” e depotenziano le voci che hanno davvero qualcosa da dire, l’Italia è un Paese reazionario in cui le fiction esaltano le forze dell’ordine e la Chiesa come avveniva ai tempi del ventennio, il maschilismo è colpa delle donne, mentre la violenza nel mondo è causata dai figli, che prosciugano tutto l’amore dei genitori lasciandogli l’aggressività inespressa.
La serie di Francesco De Carlo infine, The Emoticons, ha rallentato il ritmo generale, ma gli va dato atto di essersi dovuto ingegnare davanti a una palese mancanza di budget.
Nonostante i buoni ascolti registrati, Nemico Pubblico Live non è stato annunciato nei palinsesti Rai della prossima stagione televisiva. Probabilmente Montanini ha in cantiere progetti lavorativi su altri lidi.