Sperimentare nuovi format, soprattutto nuove idee è un apprezzabile tentativo, soprattutto quando a esporsi è Rai1, la rete leader di viale Mazzini. Recentemente, però,la prima rete ha “testato” una serie di nuovi programmi che non hanno raccolto il gradimento del pubblico.
Da alcuni anni in Italia è esploso il fenomeno Belen Rodriguez. La ventisettenne argentina, nata dal mare dell’Isola dei famosi nel 2008, riesce a catalizzare l’attenzione dei mass media con furba e spregiudicata intelligenza. Come lei stessa ha più volte svelato, conosce perfettamente il meccanismo del mondo dello spettacolo e della comunicazione e ne fa un uso accorto. Riuscendo sempre a sorprenderci.
Esiste una “casta del piccolo schermo” che continua ad accumulare privilegi, a dispetto della crisi e dei sacrifici a cui sono chiamati gli italiani. Mentre gli stipendi diminuiscono, la disoccupazione miete vittime e una folla sempre più consistente di impiegati e pensionati non riesce ad arrivare a fine mese, loro, attori e sceneggiatori di fiction televisiva, guadagnano cifre imbarazzanti, nonostante i recenti ridimensionamenti.
Raiuno e la fiction a sfondo religioso: un binomio inscindibile e foriero di successo. Il maggior produttore di questo genere è la Lux Vide di Luca e Matilde Bernabei, notissima per aver portato sugli schermi Don Matteo, la serie interpretata da otto anni da Terence Hill. Ancora una volta la Lux ci riprova, proponendo Maria di Nazareth, miniserie in due puntate interpretata da Alissa Young nel ruolo della Madonna e Paz Vega che da il volto a Maria Maddalena. Il racconto televisivo ha riscritto il rapporto tra le due protagoniste. E si sofferma, soprattutto, sulla vita della Maddalena della quale si parla molto poco nei Vangeli. La vicenda, però, viene romanzata con una serie di invenzioni finalizzate a riempire i vuoti delle fonti storiche e religiose. Un processo non condivisibile che caratterizza però la fiction di casa nostra. Anche quando non sarebbe necessario, infatti, nella storia narrata viene inserito uno o più episodi di fantasia.
Può una ragazzina di 18 anni, magistralmente esperta di computer, portare alla luce il vasto e malefico inganno che si cela dietro i meccanismi della tv di oggi? Può la forza della preghiera corale coinvolgere il web e sconfiggere il progetto criminale di infiltrare nei programmi immoralità e mancanza di etica? Interrogativi attuali, visto il degrado del piccolo schermo che hanno una risposta nel libro di Roberto Milone dal titolo X Trenta danari, edito da Orizzonti di luce.
La tv chiusa per ferie in estate. E’ un classico, appena il sole comincia a battere, viale Mazzini chiude le imposte della sua azienda e si mette in letargo. Bisogna attendere settembre per il risveglio autunnale.
Quando Sabina Guzzanti fa parodie è irresistibile. Studia il personaggio, vi si cala dentro con professionalità e sicurezza. il suo trasformismo è pari a quello di Arturo Brachetti. Ma quando si mette anche a gestire interviste serie e ne dilata i tempi oltre misura, allora la sua presa sul pubblico cala esponenzialmente. Tutto ciò è accaduto anche in Un due tre stella, l’attesissomo programma che la Guzzanti ha gestito su La7, il mercoledì in prima serata.
Sottilineiamo subito che programmi di satira come Un due stella, dovrebbero essere collocati in una seconda serata con inizio verso le 23. evento che La 7 potrebbe permettersi. Il bisogno di occupare invece il prime time, soddisfa esclusivamente l’egocentrismo di chi gestisce lo show ma non rende un buon servigio al pubblico. Un due tre stella, infatti, è troppo lungo, ha dei tempi morti che, se eliminati, renderebbero più snello il susseguirsi dei siparietti spettacolari. Tante ore sono eccessive. Basterebbero dai trenta ai quaranta minuti per valorizzare una comicità che, invece, appare diluita.
La forza dell’umorismo è nella sinteticità, dilatarne i contenuti fa solo male alle idee che si perdono in un mare di banalità. Sabina Guzzanti è indubbiamente brava, efficace. Le parodie di Lucia Annunziata e di Mario Monti viste nello show Un due tre stella, sono di grande impatto. La Annunziata è davvero molto somigliante all’originale. Anche la sua interpretazione del presidente del Consiglio ha una sua valenza satirica. Ma quelle lunghe interviste ai personaggi con cui si cimenta nella parte della conduttrice seria e impegnata affievoliscono la portata del programma. Certo, la Guzzanti vuol dimostrare di reggere bene il doppio ruolo, districandosi con perizia tra il serio e il faceto. Ma allora lo show diventa un ibrido.
Anche gli ascolti non hanno reso giustizia all’impegno della padrona di casa che è tornata in video dopo anni di assenza. E di polemiche. Ricordate Raiot? Andò in onda su Raitre nel novembre del 2003. Aveva come sottotitolo Armi di distruzione di massa. Ne andò in onda solo una delle sei puntate previste per una serie di polemiche suscitate da alcune dichiarazioni della Guzzanti nei panni di Lucia Annunziata. E’ da allora che Sabina Guzzanti vaga per teatri italiani portando avanti la sua personale battaglia satirica.
La sua classe è indubbia anche nella parodia classica di Silvio Berlusconi che è un suo cavallo di battaglia. Ma la sua bravura non basta a salvare lo show da una lenta ma inesorabile deriva.
Accanto a Sabina c’è la sorella più piccola, Caterina che, altrettanto brava, si è gettata nella satira sociale giovanile. Riesce abbastanza bene ma senza novità. Anzi, in alcuni tratti ci sembra addirittura di intravedere le atmosfere del sabato sera di Serena Dandini e del suo programma The show must go off. Certo, non è facile essere originali e spesso, anche nella satira, lo scopiazzamento di idee è ben visibile, anche se si tenta di nasconderle.
Il consiglio finale è di riflettere bene prima di andare in video. E’ difficile trovare una propria collocazione artistica sul piccolo schermo di oggi. Ma quando la si ottiene, bisogna misurare le proprie forze. Meglio un piccolo spazio, magari elitario e chic, che una lunga, noiosa prima serata piena di incertezze.
E’ possibile contrastare il degrado di moralità che ha investito la Tv italiana? E’ possibile restituire alla programmazione televisiva una qualità che ne valorizzi i contenuti?
Politica e spettacolo. un binomio del quale non si può fare più a meno. I talk show del piccolo schermo sono diventati una vetrina per gli inquilini del Palazzo, salotti nei quali si consumano liti e discussioni sopra le righe, spesso accompagnate da insulti e turpiloquio. Un esempio è la puntata di fine agosto di Bersaglio mobile, condotta da Enrico Mentana su la 7, nella quale son volate parolacce da parte degli ospiti.
Major e produttori statunitensi cominciano a guardare con interesse le fiction italiane. Un evento mai accaduto in passato che proietta la serialità made in Italy a livelli internazionali.