Giovedì 28 maggio va in onda su Rai 1 uno speciale condotto da Alberto Angela dal titolo Una notte al Museo Egizio. Lo studioso e divulgatore scientifico attraverserà in notturna il Museo Egizio di Torino, in un suggestivo appuntamento televisivo in onda in prima serata.
Lo speciale è stato presentato questa mattina nella sede Rai di Viale Mazzini.
La Rai, per i 25 anni di vita della Comunità Radiotelevisiva Italofona, ha indetto un convegno nella Sala Arazzi della Rai in viale Mazzini – “La lingua italiana sulla frontiera: italiano, ponte fra le culture nel Mediterraneo”, con media partner Ansa – che continuerà, dopo la seduta odierna, domani dalle 9,30 alle 13,30 relativamente ai settori di Marocco, Tunisia, Egitto, Grecia, Malta. Ovviamente nell’ambito della Presidenza italiana nel Consiglio dell’Unione Europea 2014.
E’ andata in onda su Rai1 la prima puntata della miniserie Qualunque cosa succeda-Giorgio Ambrosoli. Una storia vera. Nel ruolo del protagonista Pierfrancesco Favino. La fiction racconta la vicenda dell’avvocato Ambrosoli nominato commissario liquidatore della Banca Privata Italiana travolta dal crack finanziario di Michele Sindona.
Serata davvero singolare: due concorrenti hanno abbandonato la gara, si tratta di Teo Teocoli e Giorgio Albertazzi. Il primo per infortunio, il secondo per troppi impegni teatrali. Ma vediamo le varie fasi della puntata e le performance dei partecipanti. Dopo il consueto collegamento con il Tg1, Milly Carlucci introduce la terza puntata di Ballando con le stelle. Si inizia subito con l’annuncio che il ballerino per una notte è il giovane Rocco Hunt, vincitore dello scorso Sanremo 2014. A bordo campo come commentatore c’è Flavio Insinna.
La Rai si deve riformare, e una proposta concreta arriva da Lucia Annunziata: due reti in chiaro e spin off sul web, secondo il modello della britannica Bbc.
Si è svolto nel Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza il secondo incontro di Vocazione Servizio Pubblico, il ciclo di seminari con cui l’università ha aperto il dibattito sulla Rai in vista del rinnovo della concessione.
Tema affrontato, l’innovazione: creatività, sperimentazione, contenuti e linguaggi.
Vi abbiamo già parlato di Vocazione Servizio Pubblico, la “pallacorda di idee” organizzata dall’università La Sapienza per ridiscutere le linee guida della Rai.
L’occasione è la scadenza della concessione del Servizio Pubblico, fissata per maggio 2016, dopo ben 22 anni dal rinnovo della precedente; obiettivo di questo ciclo di seminari è fornire un momento di dibattito aperto a studenti e addetti ai lavori.
Continua il nostro excursus negli sceneggiati che hanno fatto la storia della tv italiana.
L’esordio era stato nel 1954, anno in cui il Programma Nazionale aveva iniziato le trasmissioni, con Il Dottor Antonio, per poi proseguire con le trasposizioni delle grandi opere letterarie internazionali. Nel 1959 è stata la volta de L’Idiota, nel 1962 di Una tragedia americana, nel 1963 de Il Mulino del Po’ e infine, tra il dicembre ’64 e il febbraio ’65 de Il Giornalino di Gian Burrasca.
Nello stesso periodo della serie tratta dall’opera di Vamba esordiva uno sceneggiato che avrebbe toccato picchi di 18,5 milioni di telespettatori: Le inchieste del commissario Maigret.
Prima del Bruno Crémer che La7 sta riproponendo, ad interpretare il poliziotto è Gino Cervi, l’attore che il pubblico aveva già amato grazie al ruolo di Peppone nella saga di Don Camillo.
Baffi e sguardo burbero, il commissario Maigret nasce dalla penna dello scrittore Georges Simenon, che ne considerava Gino Cervi l’incarnazione perfetta.
Lo sceneggiato Rai debutta il 27 dicembre 1964; proseguirà fino al 1972, articolato in quattro stagioni, ciascuna delle quali composta da diversi titoli. Ciascun titolo, a sua volta è formato da diversi episodi.
Nel 1972 saranno 35 gli episodi girati, per un totale di 16 storie diverse con protagonista Maigret.
Una curiosità: per una forse fortunata coincidenza, il ’72 sarà non solo l’anno in cui si concluderà il quarto ciclo televisivo di Maigret, ma anche quello letterario: il suo autore infatti, pubblicherà l’ultimo romanzo avente il commissario come protagonista, e sarà Maigret e il signor Charles, in cui Maigret va in pensione. Non solo: il 1972 è anche l’anno in cui Gino Cervi si ritira dalle scene.
La regia è di Mario Landi, mentre tra i vari interpreti figurano Ugo Pagliai, Oreste Lionello, Arnoldo Foà.
Ogni stagione era caratterizzata da un brano di apertura e chiusura: la prima dal pezzo La mal de Paris di Marcel Mouloudij, la seconda da Un giorno dopo l’altro di Luigi Tenco e la terza da Frin Frin Frin di Tony Renis. Nella quarta seri invece, furono scelte due canzoni diverse, una per la sigla iniziale e una per la sigla finale, entrambe di Amanda: si tratta di Il respiro di Parigi e Se non ci sei tu.
Come molti altri sceneggiati in bianco e nero, Le inchieste del commissario Maigret al momento si possono vedere su YouTube.
Vi elenchiamo tutti i titoli delle stagioni.
Prima stagione:
Un’ombra su Maigret ( 3 puntate)
L’ affare Picpus (3 puntate)
Un Natale di Maigret (1 puntata)
Una vita in gioco (3 puntate)
Seconda stagione (Le nuove inchieste del commissario Maigret):
Non si uccidono i poveri diavoli (2 puntate)
L’ombra cinese (4 puntate)
La vecchia signora di Bayeux (1 puntata)
L’innamorato della signora Maigret (1 puntata)
Terza stagione ( che torna a chiamarsi Le inchieste del commissario Maigret):
Maigret e i diamanti (3 puntate)
Il cadavere scomparso (1 puntata)
Maigret e l’ispettore sfortunato (1 puntata)
La chiusa (3 puntate)
Maigret sotto inchiesta (3 puntate)
Quarta stagione:
Il pazzo di Bergerac (2 puntate)
Il ladro solitario (2 puntate)
Maigret va in pensione (2 puntate)
Il Sistema, I Medici, Delitti in famiglia, Niente asilo; sono alcune delle fiction attualmente in fase di scrittura che devono ancora andare in produzione. Oltre le serie, miniserie e tv movie che andranno in onda tra l’autunno e la primavera del 2015, Raifiction ha un cantiere questi e altri prodotti sui quali si attende ancora la sceneggiatura definitiva per poter iniziare la produzione.
Si è svolto questa mattina il primo incontro di Vocazione Servizio Pubblico, il ciclo di seminari con cui l’Università La Sapienza vuole creare un momento di dibattito pubblico sulla Rai.
A maggio 2016 infatti scadrà la Convenzione con lo Stato: in prospettiva di una nuova concessione, il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale (CoRiS) si propone di essere un focolaio di idee e proposte per ripensare la Rai. Anzi: una vera e propria stanza della Pallacorda in cui riunirsi e confrontarsi. L’obiettivo è accompagnare in parallelo i lavori di riforma del Servizio Pubblico con riflessioni ed eventuali proposte.
Secondo Mario Morcellini, direttore del CoRiS, intorno alla Rai «c’è una bolla comunicativa poco trasparente che la penalizza al di là dei parametri oggettivi, enfatizzando invece tutti gli indicatori di una crisi». Per correggere questa «retorica prevedibile» perciò, «non c’è niente di meglio che ripartire dai dati, dai confronti storici, dalle comparazioni internazionali».
La Rai non è solo un’azienda, ma la maggiore industria culturale del Paese: come Università, aggiunge Morcellini, occorre segnalare la «la rottura del patto comunicativo con i giovani».
A proposito di giovani, prima degli interventi successivi, viene mostrato un video in cui si chiede un’opinione ad alcuni studenti del dipartimento. La disaffezione al piccolo schermo appare subito evidente: a quali siano i programmi più odiati, c’è chi risponde, oltre a uno scontato Grande Fratello, L’Isola dei Famosi, cioè una trasmissione che manca dalla programmazione televisiva già da due anni e tornerà a gennaio 2015. Segno che i ragazzi di tv ne guardano poca.
Un aspetto che viene subito colto da Morcellini: il dibattito sul Servizio Pubblico è ormai riduttivo, incattivito e raramente contornato da dati utili; i giovani sono dentro la «bolla speculativa», ripetono sulla Rai esattamente quello che ne dicono i soliti attacchi populistici.
Apre la giornata Fabio Bassan, docente di Diritto Unione Europea: una definizione di Servizio Pubblico non è mai stata data: la Corte Costituzionale dice che lo è tutto quello che non verrebbe altrimenti offerto dal mercato, a partire dalle infrastrutture fino al servizio audiovisivo.
Una volta stabilito cosa sia il servizio pubblico, i punti da discutere sul piano metodologico sono due: finanziamento e gestione.
Per Augusto Preta (CEO, IT Media Consulting) il servizio pubblico deve fornire qualcosa che oggi gli utenti non trovano altrove. Il tema chiave è quindi la consultazione: si può iniziare a ragionare mettendo in campo tutti gli elementi per una soluzione dei punti critici.
Piero De Chiara, esperto telecomunicazioni e media, anticipa che la prossima concessione durerà per circa 10 anni: alla luce dei veloci cambiamenti tecnologici degli ultimi anni, sarebbe impensabile una lunga come la precedente, in atto dal 1994.
De Chiara punta l’attenzione sulla «necessità di coesione sociale»: bisogna garantire un livello di qualità gratuita per tutti, senza allontanare le nicchie che, al momento, migrano sulle reti del digitale o su quelle a pagamento o, ancora, in rete.
È necessario creare valore pubblico dentro i consorzi nazionali: chi non ce l’ha, come noi al momento, rimarrà indietro. Per quanto riguarda i contenuti prodotti invece, ci mancano gli addetti: l’Italia contribuisce al commercio mondiale per meno dell0 0,5% con le sue esportazioni audiovisive. «Non commuoviamoci -conclude- per un Oscar, perché all’estero non ci guardano, non ci conoscono: stiamo scomparendo. Stiamo diventando un Paese che non racconta più storie al resto del mondo».
Nel frattempo, proprio durante l’affondo, in sala è appena entrato Giancarlo Leone, direttore di Rai Uno.
L’ultimo relatore della mattinata è Angelo Guglielmi, presentato da Morcellini più che come dirigente televisivo, come intellettuale. La priorità, sostiene Guglielmi, è l’autonomia: liberare la Rai dall’ egemonia dei partiti politici e da quella «mascherata» rappresentata da un’idea di cultura scolastico-accademica.
L’altra questione che si pone è l’offerta, perché l’attuale struttura produttiva Rai è costituita sullo sceneggiato, sul Festival di Sanremo, sul varietà del sabato sera e sui telegiornali. Un modello vecchio, che va ristrutturato proprio sulla base dell’offerta che si vuole costruire.
Un altro nodo da sciogliere è quello costituito dalla risorse: il sistema televisivo italiano è «poverissimo», sia in quanto a disponibilità finanziarie che a occupati; ne consegue un’incapacità di generare lavoro. Qualche numero: abbiamo 47mila dipendenti in tutto, cinema compreso, contro i 74mila della Francia e i 135mila dell’Inghilterra.
Una delle priorità è produrre per il mercato, non solo per l’Italia; al momento però non è possibile solo con i ricavi derivanti da canone e pubblicità.
Al termine degli interventi, la domanda centrale la pone il regista Roberto Faenza: davvero si può credere che la politica sia realmente intenzionata a cambiare lo stato attuale delle cose? Morcellini risponde che i segnali sembrerebbero esserci: «mai visto una politica così determinata a rompere il cordone».
Giavambattista Fatelli, docente del Dipartimento, osserva con ironia che «il servizio pubblico è un’idea di Paese: la pasticca che addormenta il vecchietto è un servizio, ma non è il servizio pubblico».
La provocazione finale è affidata a Franco Monteleone, studioso della storia della tv: «il servizio pubblico in Italia non è mai esistito: fa eccezione l’EIAR, nonostante il regime politico del tempo».
Il prossimo seminario di Vocazione Servizio Pubblico è fissato per il 17 settembre, e riguarderà il tema dell’innovazione; a breve verrà attivato un apposito dominio.