Con quali sentimenti torna alla sua professione di giornalista?
Con la consapevolezza di dover raccontare adesso le storie degli altri, come ha fatto sempre. Basta parlare di me, del mio passato di quello che è stato. Durante le due scorse settimane non ho fatto che parlare della mia vita, sia a Virus con Nicola Porro che a Domenica in con Mara Venier. E’ stato una sorta di viaggio realizzato tappa dopo tappa per riavvicinarmi al mondo della tv e al mio lavoro che mi è sempre appartenuto. Mio padre era giornalista e lo era anche mio nonno. Io faccio parte dell’azienda Rai ed è giusto che ritrovi la mia collocazione.
Questo significa che lei non permetterà più excursus nel suo passato?
Proprio così. La mia professionalità parla da sola. Ho alle spalle 55 anni di vita vissuta, il mio rapporto con il pubblico non si è mai interrotto. Certo, all’inizio ci sarà il fattore curiosità a smuovere i telecomandi su Rai2 e su Razza umana. Ma basterà poco ai miei telespettatori per rendersi conto della valenza e dell’interesse del programma che esplora la natura umana sotto un’ottica generale. E lo fa soprattutto, senza pregiudizi ma con la certezza che la diversità è la molla che fa girare il mondo.
Lei è stato un volto della terza rete con Mi manda Rai3. Come mai adesso è approdato a Rai2?
Sono consulente del direttore di Rai3, ma soprattutto sono un professionista Rai. Alla seconda rete occorreva un conduttore per il programma Razza umana, che già era delineato nella sua struttura. Angelo Teodoli, responsabile della rete, mi ha chiesto la disponibilità che io ho immediatamente dato. Il progetto mi è piaciuto anche perchè, tra l’altro, mira a diversificare l’offerta televisiva.
Qual è a suo parere, la vera novità del programma?
Ce ne sono tante. La prima è la valorizzazione del documentario come forma di comunicazione per raccontare la storia e spiegare l’uomo in qualsiasi angolo del mondo si trovi. Le nostre, infatti, sono storie del mondo che coinvolgono la dimensione umana, o meglio la razza umana. Noi vogliamo comunicare al pubblico che il mondo è solo una grande famiglia con tutte le diversità che fanno parte della condizione umana.
Il documentario viene utilizzato secondo la tradizione Rai?
Avrà la valenza che il genere ha avuto nei programmi di Pasolini, Zavoli, Piero Angela. Ma penso anche a Rosi con il suo documentario Sacro GRA che ha vinto addirittura il Festival di Venezia. E poi penso ai grandi documentari della BBC che, tra l’altro, noi utilizzeremo.
Un’altra novità del programma?
Voglio comunicare ai telespettatori che la tolleranza è l’arte del capirsi e del comprendersi.
Dunque si tratta di un programma estremamente serio?
E’ un programma giornalistico che riuscirà a tenere insieme storie leggere e profonde.
Quale delle sue tante esperienze professionali le è servita maggiormente per condurre Razza umana?
Tutte; ho girato il mondo per lavoro, sono stato per anni a realizzare programmi, porto in questa avventura tutta la curiosità e l’entusiasmo propri della nostra professione.
Tornerebbe a condurre un talk show?
In questo momento c’è una notevole quantità di talk show sul piccolo schermo. Certo, sarei pronto a farlo. Ma non è una grande chance.
Significa, dunque che Razza umana non è un talk show?
Non ne ha le caratteristiche, è tutt’altro. E’ riflessione, confronto, dialettica, filosofia, informazione. Alla fine di ogni puntata faremo il punto sulla situazione del giorno collegandoci con i principali siti web europei e internazionali